Al principio
“Al principio” fu la parola, poi venne il racconto ed infine l’informazione. A questo punto la storia presenta una sorpresa, o quasi: il diritto all’informazione si trasforma immediatamente nella disinformazione compensatrice delle vostre sfighe quotidiane, affinché esse siano “inevitabili”, “oggettive”, “certe”, “inattaccabili”.
Insieme, informazione + disinformazione, diventano propaganda, che trova nei media di massa il naturale alleato e nel brand la sua punta di diamante. Nella costruzione del brand, intimamente connesso alle informazioni che leggete ogni giorno sui giornali o sentite in radio e televisione, è celato un meccanismo più complesso di quello che potrebbe sembrare.
Nel brand si determina la strutturazione di un potente retro_informatore che agisce anticipando l’informazione, creando quel bacino comporta/mentale all’interno del quale l’informazione stessa, e il suo contrario, si collocano. E’ un processo comunicazionale superiore alla propaganda. La rende, alternativamente, compatibile o inutile. In ciò tutta la difficoltà del presente. Ma anche il terreno su cui agire.
L’intelligence precaria
L’intelligence è patrimonio comune dei precari e non solo del giornalismo. In esso confluiranno le mille sfaccettature dell’oppressione dei precarizzatori e dei contropiedi precari.
Ma che cosa rappresenta questo sito?
Immaginate un sito che non è un semplicemente tale, ma piuttosto un luogo che fa circolare informazione, non per informare, bensì per formare quel bacino di notizie da cui si estrarrà il bazar della creazione di conflitto. E che contiene anche i prodotti di queste creazioni e gli strumenti che le hanno consentite. Un sito crudele e spietato, scorretto verso le imprese, le istituzioni sociali, le merci ad alto contenuto ideologico e tutti i loro gli adepti: fazioso ma mai frazioso. Un sito che ha la classe del purosangue, la ricchezza del meticcio; che non esercita fashionismo e brigantaggio culturale, che vive da sé, con quello che fa e per quello che dà. Pone questioni di stile, perché lo stile è importante, e chiede, just in time, relazioni e complicità.