Da Il Fatto Quotidiano. Precari, arriva il Collegato Lavoro. Ora sarà quasi impossibile fare causa alle aziende
La legge 183 introduce una serie di paletti e cavilli legali che renderà la vita dei lavoratori atipici durissima. Sarà quasi impossibile impugnare in tribunale il proprio contratto di lavoro
Chi ha avuto esperienze professionali precarie sa bene che avere buoni rapporti con i propri principali è fondamentale. Mi rinnoveranno il contratto? Me lo prolungheranno? Mi assumeranno a tempo indeterminato? Prima, poi o mai? Sono alcune delle domande che affliggono quotidianamente il lavoratore atipico. Adesso, però, chi si trova nel limbo temporale tra un contratto scaduto e uno che forse arriverà – co.co.pro, di collaborazione, o tempo determinato – è davanti a un bivio. Entra oggi in vigore la legge 183 del 2010, più nota come “Collegato lavoro”.COM’ERA. La vecchia normativa garantiva anni di tempo a chi intendeva fare causa al suo ex-datore di lavoro (il caso più classico, per i precari, è quello in cui si viene utilizzati come “collaboratori” anche se si fa un lavoro da dipendenti a tutti gli effetti). Con il Collegato lavoro, l’arco di tempo entro il quale si può fare causa al proprio datore di lavoro diventa di 60 giorni: o ci si muove per tempo, o dopo non si può più rivendicare nessun diritto (era una disposizione già prevista per i contratti a tempo determinato ora allargate anche agli altri contratti).
CHI PUO’ FARE CAUSA. Per tutti i rapporti di lavoro terminati prima del novembre 2010 (oggi), quindi, si potrà fare causa entro il 23 gennaio. Per i contratti che scadranno in futuro, si avranno sempre e comunque solo 60 giorni di tempo, e poco importa se, magari, si aspetta un nuovo contratto proprio dal datore di lavoro che si vuole portare in tribunale.
RICATTO CERTIFICATO. “La Legge 183 chiude il cerchio perverso che si era aperto nel 1997 con il Paccheto Treu”. Ne è convinto Massimo Laratro, uno degli avocati del lavoro del pool legale di San Precario, il collettivo che da più di 10 anni si occupa di diritti e precarietà. “Treu aveva introdotto le prime forme di lavoro flessibile e interinale nel 1997; Marco Biagi, con la Legge 30 del 2003 aveva codificato la precarietà con una serie di forme contrattuali atipiche; oggi, con il collegato lavoro, il legislatore va a colpire i precari anche sul piano processuale. Il ricatto cui era sottoposto il lavoratore atipico prima era implicito, oggi è certificato”.
Secondo gli avvocati di San Precario, la nuova legge rende quasi impossibile per i lavoratori fare causa alle aziende quando le condizioni contrattuali sono ritenute non corrette. E’ un vero rosario – di cavilli, eccezioni, tempistica, sproporzione delle forze in campo – quello da sgranare per vedersi riconoscere i propri diritti.
I PERIODI DI NON LAVORO. “Oggi ero in tribunale per due cause di lavoro e, alla luce delle novità legislative, sono state entrambe rinviate”, dice Matteo Paulli, uno dei legali del pool. “Ci vogliono mesi, addirittura anni, per sapere se un contratto di lavoro è impugnabile”. E chiarisce: “I precari fra una collaborazione e l’altra possono avere dei periodi di non lavoro ben superiori a due mesi – continua Paulli – Un datore di lavoro può dire al suo dipendente che gli rinnova il contratto, lascia passare i famosi 60 giorni e al 61esimo non glie lo rinnova. A quel punto per il precario è finita, si trova cornuto e mazziato”.
CONTRATTISTI MULTIPLI. Non solo, c’è una trappola anche per i contrattisti “multipli”: “Se un lavoratore ha avuto con la stessa azienda un numero elevato di collaborazioni, ad esempio cinque contratti nell’ultimo anno, potrà impugnarli sempre che i famosi 60 giorni non siano trascorsi. E’ ovvio che quindi potrà impugnare solo l’ultimo. E avrà molte meno possibilità di vincere”, sottolinea Massimo Laratro. Insomma, è la parola del dipendente contro quella del principale. “Dato che durante l’udienza il datore di lavoro deve dimostrare la ‘temporaneità’ del rapporto di lavoro, se la causa riguarda un solo contratto di due mesi anziché cinque o sei collaborazioni, avrà la strada spianata”.
INSIDIE PRIMA DI FIRMARE. Le insidie non finiscono qua. Le altre due novità particolarmente indigeste ai legali di San Precario sono la “certificazione del rapporto di lavoro” e la “clausola del ricorso all’arbitrato” in caso di impugnazione. Presso le camere del lavoro verranno istituite delle “commissioni certificatrici” che avranno il compito di apporre il loro sigillo sulla validità di un determinato rapporto di lavoro. “Io ti assumo con un contratto a progetto, mi rivolgo alla commissione che timbra il contratto come legittimo e tu non potrai mai fare più causa contro di me – dice Laratro – Così facendo si certifica non solo il rapporto, ma anche la volontà del lavoratore che evidentemente non è nella condizione di rifiutare perché magari sta cercando un’occupazione da mesi”.
ARBITRATO. L’arbitrato invece dà la possibilità al datore di lavoro di inserire nel contratto una clausola che dice che in caso di problemi il dipendente si rivolgerà a una commissione arbitrale invece che ai giudici. “Con questa norma si vuole azzerare il ricorso all’autorità giudiziaria” dicono gli avvocati.
INDENNITA’ PREGRESSA. Infine c’è la questione dell’indennità. Prima della Legge 183 se un lavoratore vinceva la causa contro il suo datore di lavoro, lui era obbligato a “riconoscergli il mancato guadagno”, e cioè a corrispondergli tutti gli stipendi in cui era rimasto a casa. Ora, nel caso l’azienda perdesse in tribunale sarà tenuta solo a versare un’indennità all’ex dipendente che andrà da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità. “E se il processo va avanti per tre anni e il lavoratore in tutto il periodo rimane a casa?” Chiedono gli avvocati di San Precario.
LICENZIAMENTO ORALE. E ancora, l’ultima gabola. C’è il licenziamento “orale”. Per la legge il licenziamento deve essere comunicato in forma scritta: se comunicato oralmente, non è valido. Ma ora il termine dei 60 giorni varrà anche per i “licenziamenti orali”. Se un datore di lavoro sosterrà che il licenziamento c’è stato prima della data indicata dal lavoratore (e ben prima dei sessanta giorni a disposizione), basterà trovare dei testimoni compiacenti per bloccare il processo.
LA CGIL: ASSISTENZA’ STRAORDINARIA. La Cgil si è attivata in tutti i modi contro il collegato lavoro. Non solo è impegnata da settimana per distribuire materiale informativo, ha lanciato anche un appello ai principali organi di informazione. Assicura, inoltre, che “tutti gli uffici legali della confederaizone, tutti gli sportelli immigrati, tutte le strutture di categoria della Camera del lavoro, saranno impegnate nei prossimi sessanta giorni in un’iniziativa di straordinaria consulenza e tutela”. Un impegno che i militanti dello sportello San Precario giudicano tardivo. “Il provvedimento è in Parlamento da due anni. Dov’era la Cgil in tutto questo periodo?”, chiede Massimo Laratro.
NESSUN DIRITTO. il colpo finale ai precari e alla loro dignità è ormai sferrato. Si parla da anni di “flexsecurity”, di garantire sostegno e stato sociale anche ai lavoratori precari. Alla fine, invece, si è chiuso il ciclo aperto da Treu:
la nuova legge sancisce quello che nei posti di lavoro è noto da tempo: che i rapporti di forza tra classe operaia e padronato, grazie anche alla compiacenza dei maggiori sindacati italiani, oggi come oggi sono favorevoli al padrone. Questo… vuol dire che siamo sconfitti? No, vuol solo dire che non potremo più appoggiarci ai residui di leggi e conquiste ottenute quando il movimento operaio era forte e lottava con convinzione.
Questo significa anche che d’ora in poi, se vorranno difendersi, i precari dovranno rimboccarsi le maniche e dedicare parte del proprio tempo ad affrontare i propri problemi, organizzarsi inizialmente in modo clandestino, non rincorrere i singoli diritti ma costruire delle lotte di massa, lottare non per la singola vertenza ma per l’abolizione del precariato in toto, coinvolgendo anche il resto del mondo del lavoro in questa battaglia e smascherando chi prima ha consentito il crearsi di questa situazione e poi fa finta di meravigliarsene.
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Sono assolutamente d’accordo sul fatto che il collegato lavoro è uno dei tanti frutti dell’operato del sistema volto a distruggere ogni possibilità di resistenza da parte dei lavoratori.
E sono altrettanto d’accordo sulla necessità, oggi, di sensibilizzare i lavoratori anche sugli aspetti legali, nel contesto più generico degli strumenti di rivendicazione dei diritti.
Ma sono altrettanto convinto che sia necessario evidenziare ancora una volta come l’azione mossa oggi dai sindacati confederali non sia una “tardiva presa di posizione”, quanto un esplicito teatrino volto a MANTENERE il conflitto in un ottica prettamente legalitaria e democraticista, tenendo così basso il livello del conflitto. Questo, al fine di mantenere l’egemonia dell’opposizione, mascherando così la propria connivenza coi padroni.
E lo hanno dimostrato ben prima di avvallare il pacchetto treu, la legge biagi, la parità scolastica di berlinguer, la guerra nei balcani, afghanistan o in Iraq, non facendosi vedere a Genova nel 2001, e finendo con lo svenderci come a Pomigliano.
Lo hanno dimostrato quando hanno aiutato Craxi a eliminare la contingenza, la scala mobile, l’equo canone eccetera eccetera eccetera, senza opporsi. Lo hanno dimostrato quando hanno iniziato la campagna di persuasione che ci vuole convinti dell’inevitabilità di questo sistema, e che l’unica via sia la concertazione (e che loro siano gli unici iterlocutori possibili).
OGGI INVECE le piazze rivendicano non solo diritti, ma una reale e netta alternativa.
ALTERNATIVA, una parola che finalmente viene di nuovo riempita di valore e contenuti, nella consapevolezza che questo deterioramento non è il semplice frutto di un mal governo, quanto naturale conseguenza di una sistema economico fondato sul profitto e sul consumo. Un sistema economico intollerabile, e non indispensabile (come invece continuano a farci credere), e quindi da sovvertire.
Con le piazze, le occupazioni, l’organizzazione di un vero sindacato di classe, e con la rivolta.
Perchè la verità non sta mai nel mezzo.