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È stata una grande Mayday. Il primo maggio dei precari e delle precarie che da undici anni agita le strade di Milano è tornato a essere una giornata di festa, di gioia, di rabbia, di espressione della creatività dei precari. In decine di migliaia ci siamo trovati a percorrere le strade della città in quello che avevamo chiamato “l’anno della trasformazione”. Meno festa, meno street parade, una manifestazione che ha chiesto a gran voce ciò che ci spetta: reddito, welfare per tutti,cittadinanza, accesso ai beni comuni – acqua, saperi, trasporti.
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Il grande successo della MayDay 2011 è un ottimo viatico per i tempi (precari) che corriamo. E’ il giusto trampolino di lancio per continuare quel processo di costruzione dal basso dello sciopero precario del prossimo autunno. Invece molti commenti giornalistici a sinistra hanno presentato la MayDay come trampolino verso lo sciopero della Cgil del 6 maggio. Prosegui la lettura »
E’ stato sgomberato il Foa Boccaccio, un’esperienza capace di vivere e trasformare la metropoli; luogo vitale di cospirazione precaria, di aggregazione sociale e di produzione culturale. Realtà avversa alle logiche di profitto e quindi aliena alla monza di oggi, una città vetrina, scintillante per pochi e precarissima per i più .Con il Boccaccio abbiamo condiviso e costruito ogni mayday, le apparizioni di san precario e le sue vertenze brianzole, a fianco del Boccaccio saremo stasera, domani, per tutto il tempo necessario, con ogni mezzo necessario.
Rete San Precario Milano (a seguito la convocazione)
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La storia è nota: con soli tre giorni di preavviso l’assessore milanese Terzi firma la delibera per l’apertura degli esercizi commerciali il primo maggio. L’apertura è voluta dalla Moratti in vista del tornaconto elettorale. I sindacati proclamano sciopero. I garantiti possono scioperare, i precari no. I sindacati piagnucolano, sanno che non funzionerà. Questo risultato è il frutto avvelenato di anni confusi e infausti in cui la “festa dei lavoratori” si è trasformata in “festa del lavoro”. La differenza è chiara: se si festeggiano i lavoratori questi stanno a casa, se si festeggia il lavoro che male c’è a lavorare? Anzi – questo è un suggerimento di San Precario alle parti più avanzate e meno provinciali del liberismo nostrano – in una vera festa del lavoro i lavoratori dovrebbero lavorare gratuitamente, col sorriso sulla bocca, felici dell’opportunità.
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Lo sciopero “generale” di 4 ore indetto per il 6 Maggio dalla CGIL è, di fatto, uno sciopero tradito. Uno sciopero generale che è stato conquistato dal basso, la cui urgente necessità è stata ribadita a gran voce sin dal 16 ottobre scorso, ma che è stato strappato alla CGIL solo dopo le mobilitazioni degli universitari contro la riforma Gelmini e dopo l’esplosione della rabbia precaria il 14 dicembre a Roma.
Uno sciopero che si sta cercando di sgonfiare dall’alto, riducendone la conflittualità e le rivendicazioni. Uno sciopero che così come la Camusso ha trasformato non attacca i profitti né cambia i processi di accumulazione della ricchezza basati sulle rendite finanziarie, sulle speculazioni e sui ricatti imposti ai lavoratori.
Lo sciopero del 6 Maggio è una risposta insufficiente alla crisi.
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