Parte il 1 ottobre la cassa in deroga per 85 lavoratori
La nuova stagione di Fiera Milano si apre sotto i peggiori auspici per i lavoratori. Dopo 20 anni di esternalizzazioni di servizi, dopo il trasferimento degli uffici dalla splendida Piazza Giulio Cesare alla periferia di Rho, Fiera Milano s.p.a. ha messo in cassa integrazione in deroga 85 lavoratori sui 350 in organico. A partire dal 1 ottobre.
Tagli di bilancio
I dipendenti, un tempo la crema degli addetti fieristici milanesi, si occupavano di segreteria e biglietteria, di organizzazione e gestione delle attività fieristiche, di rapporti internazionali e gestione economica di Fiera Milano, una s.p.a. a larga partecipazione pubblica che nel 2009 ha presentato un bilancio con margine operativo lordo attivo di 20 milioni di euro, ma con un passivo netto di 3,7 milioni di euro. Nel 2008 l’attivo netto era stato di 4.1 milioni di euro. Una situazione che ben si rispecchia nei metri quadri espositivi venduti agli operatori economici: nel 2008 erano stati 1,81 milioni, nel 2009 1,71 e nel 2010 si sono fermati a 1,5.
Nonostante le rosee prospettive future, visti i recenti accordi che vedono la nuova Fiera di Rho in pole position per ospitare i più importanti convegni di Expo 2015, la perdita è secca.
‘E’ una riorganizzazione volta al contenimento delle spese per il personale, in un’ottica così competitiva è un’esigenza del settore quella di operare dei tagli’, fa sapere una importante fonte interna all’azienda che preferisce mantenere l’anonimato. ‘Le nostre attività si sono orientate sempre più sul marketing e le RSU hanno capito il senso dell’accordo quadro che ha vito la concessione della cassa integrazione in deroga per 80 dipendenti’.
La trattativa
Le prime avvisaglie dei tagli sono arrivate come un fulmine a ciel sereno nella primavera 2010 quando i dirigenti di Fiera s.p.a., uomini scelti dai partiti politici che governano Provincia, Comune e Regione Lombardia, hanno comunicato ai lavoratori le scelte della società. L’azienda, nonostante ciò, negli stessi mesi conclude un accordo per l’acquisto, valutato diverse decine di milioni di euro, di una società fieristica brasiliana. A suo dire non vi sono contraddizioni in queste due scelte, anzi.
Una parte dei lavoratori viene spostata presso una direzione creata ad hoc, denominata Back Office, dove vengono inseriti molti di quelli che l’azienda ritiene essere ‘improduttivi’. Tra giugno e la settimana scorsa l’azienda dichiara un totale di 150 esuberi, quasi il 50% del totale.
L’incontro coi sindacati confederali porta il numero degli esuberi prima a 110 e poi a 80 a cui viene concessa la cassa integrazione in deroga con compensazione aziendale della parte mancante dello stipendio (circa il 40% del totale) fino a ottobre 2011.
In cambio Cgil Cisl e Uil firmano la disdetta del contratto integrativo, valido da oltre 20 anni, la rinuncia di tutti i diritti conquistati dai lavoratori di Fiera Milano, il passaggio da 36 a 40 ore settimanali lavorative a parità di salario e la soppressione degli straordinari.
I dissenzienti
L’accordo viene illustrato ai lavoratori abbattuti e silenti dalle RSU e da funzionari sindacali esterni (non lavoratori). L’unica lavoratrice che protesta viene zittita. Il suo nome è tra i primi di quegli 80 messi in cassa integrazione in deroga senza nessuna garanzia di reintegro al suo termine. Alcuni lavoratori non ci stanno, si rivolgono al Punto San Precario aperto presso l spazio SOS Fornace di Rho che ha organizzato un primo volantinaggio informativo ieri sera, a Mazzo di Rho durante un convegno a cui ha partecipato una rappresentante di Fiera Milano s.p.a..
Precari in Fiera: una lunga storia
La cessione ai privati dei servizi di biglietteria, sicurezza e portierato in Fiera è una storia lunga almeno 20 anni. Fin dalla metà degli anni Ottanta infatti, alcune società cooperative, tra le quali la FEMA, operano all’interno della Fiera grazie ad accordi sindacali e politici. Si tratta prima di lavoratori ex tossicodipendenti o ex carcerati poi di studenti, iscritti alla cooperativa, che vengono utilizzati a chiamata durante le Fiere come la Smau, il Macef. In pochi sono quelli che riescono a superare il numero minimo di ore e giorni lavorati annuali che prevedono l’obbligo di pagamento dei contributi presso l’Inps. Alla fine degli anni Ottanta il processo di precarizzazione della forza lavoro impiegata in Fiera aumenta: i servizi di portierato prima, la biglietteria poi, vengono appaltati a questo tipo di società che pagano i lavoratori a ore e rappresentano un evidente vantaggio economico per Fiera Milano rispetto ai costi e ai diritti dei dipendenti diretti. I sindacati, assenti nelle cooperative, non fanno nulla per evitare il processo che vede aumentare la flessibilità contrattuale del personale fieristico.
Dirigenti coinvolti
Le cooperative presenti in Fiera intanto continuano a fagocitare servizi e funzioni un tempo gestiti direttamente dai dipendenti di Fiera Milano. Nonostante Manipulite decapiti i vertici dei partiti che gestiscono la Fiera, in particolare del PSI milanese e lombardo, dopo 15 anni troviamo gli stessi nomi a gestire parti fondamentali dei servizi feristici. A partire da Antonio Intiglietta, ex DC, della Compagnia delle Opere, amministratore delegato della Ge. Fi. la società che gestisce la Fiera di Milano, deus ex machina dei ‘Artigiano in Fiera’, la più profittevole degli eventi fieristici lombardi. Non è un caso che l’attuale A.D. di FieraMilano sia Enrico Pazzali, 46enne appoggiato da A.N.
L’ultimo campanello d’allarme, forse il più simbolico per chiunque abbia mai varcato i cancelli della vecchia Fiera per lavorare, è la privatizzazione del servizio delle hostess, un tempo fiore all’occhiello di Fiera Milano.
Sviluppo economico o precarizzazione totale?
Se il modello di sviluppo scelto dalla classe dirigente lombarda e avvallato dai sindacati confederali è quello che ci mostra la vicenda di Fiera Milano, le prospettive future si tingono di tinte fosche per tutti i cittadini dell’area metropolitana milanese. Questa vicenda che riassume una tendenza diffusa in tutto il terziario avanzato, segna per l’alto valore simbolico che ricopre l’affermarsi di un’instabilità di reddito sistemica. La flessibilità imposta cessa di essere una condizione meramente contrattuale, relegata al mondo del lavoro ed entra a far parte della quotidianità della maggioranza dei cittadini: la cosiddetta ‘precarietà di vita’. Il rischio, fortissimo, per gli addetti del sistema Fiera è quello di trovarsi come i colleghi della Best Union, la società a cui Fiera Milano ha appaltato i servizi di hostess e portineria. Solo 4 mesi fa, nell´aprile del 2010 in pieno salone del Mobile, un gruppo di attivisti della rete Mayday avevano inscenato una protesta clamorosa nei padiglioni di Rho denunciando l’oscena situazione che stavano vivendo hostess e portieri precari della Best Union. Erano 4 mesi che aspettavano il pagamento di uno stipendio che 8 volte su 10 non raggiungeva i 700 euro mensili. Non è un caso che i sostituti dei dipendenti a tempo determinato, i precari della Best Union si fossero rivolti al Punto San Precario lo scorso aprile. Non percepivano nessuno stipendio da ben 6 mesi e grazie al Santo, quanto meno, son riusciti ad ottenere gli arretrati……