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L.o.a Acrobax (Roma)
Il velo d’ipocrisia che ancora in questo paese porta a condannare in modo indiscriminato e cerchiobottista ogni forma di ribellione chiamandola violenza, è ormai squarciato da un contesto internazionale che ha deciso di respingere con forza ogni forma di autoritarismo, di corruzione e arroganza nella gestione del potere e della crisi. Un potere politico che ha perso qualsiasi contatto con le problematiche della società e ancor di più ha perso, se mai l’ha avuta, ogni legittimazione nei termini di riconoscimento democratico e popolare.
Con un governo che porta avanti manovre eversive che minano alle fondamenta l’attuale assetto costituzionale, con le derive sempre più autoritarie e autocratiche sostenute da un personaggio a capo delle peggiori cricche del paese, quale sarebbe la violenza di chi a mani nude e volto scoperto si raduna sotto la reggia presidenziale di Arcore? Qual è la dignità di quelle forze dell’ordine che come nel resto del mondo si dimostrano ancora una volta supine sotto il comando di chi le usa come servizio taxi nelle lunghe serate di baldoria?
C’è qualcosa che richiama la presa di Versailles nello scatto di dignità che le manifestazioni di piazza stanno dando ai potenti di tutto il mondo.
Dopo il 14 dicembre, nonostante le manovre di un parlamento di servi, corrotti e voltagabbana, si è affermata in tutto il paese reale la volontà di esprimere la sfiducia totale nei confronti di questo governo e di tutta una classe politica troppo impegnata nella spartizione del potere e delle ricchezze che derivano dalla gestione della crisi economica (vedi grandi opere, cancellazione di ogni normativa contrattuale e di tutela del lavoro…).
Ieri eravamo impegnati nel supporto della manifestazione della comunità egiziana a Roma ed il filo che ci lega ai compagni e alle compagne del no Expo è molto più che ideale.
Da Roma a Milano solidarietà materiale nelle lotte contro le speculazioni, le cementificazioni, contro la precarizzazione delle nostre vite, per la difesa dei territori e dei diritti di sociali e di cittadinanza.
Berlusconi come Mubarak te ne devi andare!
Tutti liberi
L.o.a. Acrobax
Arcore, 6 febbraio 2011: disobbedienza non è violenza. Resistenza viola piemonte
Unità non significa uniformità. Disobbedienza non significa violenza. Sono tanti e diversi ma molto uniti tra loro i progetti criminali della classe politica. Sono pochi, diversi e purtroppo ancora divisi tra loro, nelle forme più ancora che nei contenuti, i movimenti che resistono e si oppongono.
La violenza peggiore la subiamo noi, ogni giorno, insultati da atti, decreti, dichiarazioni e comportamenti di una classe politica sempre più corrotta, collusa, occupata ad usare una carica pubblica per l’ormai palese tutela dei propri interessi o degli interessi della solita lobby imprenditoriale.
Dopo lo straordinario NoBDay del 5 dicembre 2009 abbiamo manifestato per oltre 14 mesi il nostro dissenso, contro chi ci ruba il futuro, al fianco degli studenti, dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, degli immigrati rinchiusi nei nuovi lager, i CIE, dei NO TAV, delle donne di Terzigno. Ma abbiamo anche saputo “alzare la testa” e contestare, sempre pacificamente, la presenza di Schifani alla festa del PD, a settembre a Torino. E per questo siamo stati chiamati “fascisti”, “squadristi”, “facinorosi”, “anarco-insurrezionalisti”.
Non siamo nulla di tutto questo. E se siamo “squadristi” lo siamo come estremi (pur sempre pacifici) difensori di una democrazia che cade a pezzi che non trova neanche nei partiti della cosiddetta opposizione una rappresentatività, siamo stanchi di restare a guardare e pur continuando a manifestare pacificamente riteniamo non solo un diritto ma un dovere far sentire la nostra voce, quella di un’Italia che non si arrende, quella di un’Italia che dice ORA BASTA!
Le piazze colorate, goliardiche, ironiche, sono un segnale importante, ma un segnale altrettanto significativo sono le voci di quei cittadini, uomini e donne, giovani e anziani, che sentono il bisogno di far arrivare la loro indignazione a chi con troppa arroganza si arrocca nei propri palazzi, difeso da quelle forze dell’ordine che fanno un dovere che sfiora ormai il paradosso, difendere corrotti e collusi con la mafia da cittadini pacifici, onesti, ma determinati. Quelle voci vanno ascoltate, non ignorate e tanto meno isolate. Un errore commesso in passato da troppi movimenti.
Si continua, purtroppo, a parlare solo di violenza. Eppure nessuno ha cercato “lo scontro”, meno che mai l’organizzazione (la Rete Viola) che ha sempre invitato alla calma e a restare nella piazza. Ma è giusto raccontarli tutti, perché i primi scontri ai quali abbiamo assistito sono stati quelli tra partiti come IDV e PD che hanno contestato con violenza verbale e fisica lo striscione del Movimento 5 stelle, considerandolo offensivo perché riportava la frase “LICENZIAMOLI TUTTI”, riferito ai partiti al governo e a quelli dell’opposizione. Eppure i “costituzionalisti” dovrebbero sapere che è ancora consentito esprimere liberamente il proprio pensiero, in questo paese.
Tutta l’attenzione mediatica è andata a quella violenza (non così drammatica come riportata strumentalmente dai media) scatenata dalle cariche partite a manifestazione ormai finita. La prima carica di sfollamento è partita senza alcuna provocazione violenta da parte dei manifestanti. I lanci di bottiglie sono arrivati dopo. Evidentemente l’obiettivo era disperdere la folla, troppo vicina alla villa dove domenica c’era il premier. E per farlo hanno aspettato che i cittadini che tradizionalmente compongono il movimento viola (perché c’erano e questo è innegabile) si allontanassero dalla linea delle forze dell’ordine. Lasciando i più giovani, gli studenti, i più arrabbiati perché sanno di non avere un futuro. Cosi’ era più facile etichettare il dissenso come quello di facinorosi, centri sociali, estremisti.
Qui il video che mostra l’inizio del corteo, e la presenza di tanti viola (oltre al nostro gruppo): http://www.youtube.com/watch?v=BQFreBPLiIk
Troppo pericoloso mostrare alla stampa mondiale che l’Italia reagisce, che uomini e donne di ogni età e con una diversa provenienza affrontano con decisione un corteo non autorizzato per affermare, pacificamente, che “la misura è colma!”. Dovevano minimizzare l’accaduto, ridurlo ai “professionisti della violenza”, quella carica non è partita per il lancio di bottiglie o altro. E’ partita perché non si potevano permettere di mostrare tanta indignazione di molti cittadini cosiddetti “normali”. Cosiddetti, appunto.
Per motivi logistici a quell’ora erano rimasti solo i “locali” perché chi arrivava da fuori doveva rientrare all’autobus, ma dissociarsi o etichettarli come estranei, come “non viola” o come “altro” , a ben guardare, fa il loro gioco. Perché tanti sono venuti alla manifestazione con modi e forme di protesta diversi. Non sta a noi, che non siamo un partito, dire chi puo’ dirsi viola e chi no. E’ molto, troppo autoreferenziale. La Rete Viola sta costruendo una nuova unione ma unità non significa uniformità. Molti viola erano in quel corteo, un corteo chiesto a gran voce dalla piazza e partito spontaneamente dalla stessa.
Disobbedienza civile non è violenza. L’unica violenza ieri l’hanno subita i manifestanti… e i due ragazzi che sono stati processati sono giovani impegnati, attivisti che meritano la nostra solidarietà, che non hanno alzato “un dito” verso alcun poliziotto, hanno usato la voce, hanno gridato slogan (infatti sono tornati in libertà, l’udienza è prevista il 7 marzo).
Come Resistenza Viola esprimiamo massima solidarietà ai due arrestati, auspicando che i video della manifestazione possano mostrare che il loro dissenso si è avvicinato alla villa di Arcore sempre in modo pacifico e non hanno fatto alcun tentativo “fisico” di forzare il cordone delle forze dell’ordine.” Nessuno ha forzato il cordone, nessuno ha spinto, nessuno ha fatto nulla per andare oltre, non c’era nessuno con passamontagna, armi o oggetti contundenti. Ci si è fermati al limite posto, dalle forze dell’ordine.
Oggi le piazze sono “urlanti”, perché la situazione è drammatica e se migliaia di persone domenica hanno affollato la manifestazione di Arcore, dopo i primi interventi si percepiva un diffuso senso di disagio, probabilmente dovuto al fatto di essere tenuti a distanza da quella villa nella quale sono entrati, scortati, mafiosi, escort e papponi. Sempre più spesso le grandi manifestazioni portano forme diverse di dissenso e dimostrano che l’indignazione è crescente. Più che dissociarci dovremmo evidenziare che i parlamentari prezzolati che stanno svendendo la nostra dignità per garantire la solida maggioranza del peggior governo degli ultimi 150 anni sono il peggior segnale che si possa dare ad un paese che da anni, pacificamente, chiede che la politica sia fatta con le mani pulite! E quando le istituzioni vengono meno al dovere di rappresentare tutti i cittadini, i cittadini percorrono strade diverse, per l’autodeterminazione.
Il punto fondamentale non era “dissociarsi” da forme diverse di espressione dell’indignazione che ha ormai raggiunto livelli massimi ma, piuttosto, ricordarne le ragioni. E su quelle ricordare le responsabilità di chi da troppo ignora questa voce.
Quanto è successo, ad Arcore, è stato una risposta pacifica ma determinata alla violenza dello Stato. Abbiamo letto e recitato come un mantra quell’articolo 54 della nostra Costituzione per il quale abbiamo richiesto le dimissioni di Silvio Berlusconi che, originariamente, era stato formulato in questi termini (e poi modificato):
Art. 50 – Ogni cittadino ha il dovere di essere fedele alla Repubblica, di osservarne la Costituzione e le leggi, di adempiere con disciplina ed onore le funzioni che gli sono affidate.
Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino.”
Resistenza Viola Piemonte
Gentile redazione,
sino ad ora abbiamo seguito quest’inverosimile polemica sui “violenti ad Arcore” in posizione defilata, per non offrire ulteriori motivi attraverso cui potesse essere alimentata. Oggi ci sembra il caso di fornire alcune spiegazioni in virtù di un’assenza di contradditorio nel dibattito mainstream che per un paese, che si dichiara democratico, è sinceramente preoccupante. Siamo il Comitato No Expo e, dopo alcuni giorni in cui veniamo ripetutamente citati, ci piacerebbe pure che si dicesse quanto meno cosa siamo.
Il Comitato nasce poco dopo la candidatura della città di Milano alla gara d’assegnazione di Expo2015, a seguito della preoccupazione sorta, ad alcuni cittadini di Milano e hinterland (appartenenti a centri sociali, società civile e associazioni territoriali), rispetto all’impatto sui territori. Motivo? La memoria dei vari precedenti “grandi eventi”, che tendenzialmente han procurato al territorio che li ospitava uno svuotamento delle attività esistenti, fenomeni di gentrification, peggioramento dei livelli d’inquinamento (a Milano già critici) e fenomeni speculativi molto preoccupanti alimentati, nel caso di Expo milanese, da una forte presenza della ndrangheta, che rende possibile un enorme potenziale di denaro riciclabile. Da subito il Comitato si è posto nei confronti della città con modalità inclusive, cercando di porsi più come una rete o un coordinamento di soggetti attivi sulle questioni territoriali piuttosto che un gruppo politico identitario ed esclusivo. Così facendo abbiamo collaborato con comitati di quartiere, comitati per la casa, organizzazioni ecologiste, centri sociali, sindacati, partiti politici, associazionismo vario e più in generale con tutti coloro che tengono a cuore il proprio territorio e non sono disposti a offrirlo al padrone di turno. E’ probabile che gran parte del popolo pervenuto ad Arcore domenica scorsa sia passato dal nostro Festival NoExpo nel maggio scorso al C.S. Fornace oppure sia venuto a un’altro dei molti appuntamenti a cui eravamo presenti. Il vostro, come altri giornali, hanno dedicato poca attenzione a questi eventi dove si sviluppava la critica alla gestione della città e l’eccessiva influenza su di essa di centri di potere (bipartisan). Ciò faceva meno notizia degli eventi legati ai costumi immorali del capo di governi di cui, nella nostra azione, costantemente critichiamo le leggi e le pratiche derivanti: di emarginazione, sfruttamento e oppressione razzista nei confronti dei migranti (legge Bossi Fini), di accentuazione della condizione di precarietà lavorativa (legge Biagi) e infine il cosiddetto decreto Ronchi che mira alla privatizzazione dei servizi pubblici, in particolare dell’acqua, contro di cui andremo a referendum.
E’ sicuro che ad Arcore si trovava Giacomo, un compagno di viaggio ormai da anni, che per il Comitato ha fa l’altro prodotto sia articoli per la rivista che narrano lo scempio ambientale della zona nord di Milano, in particolare parlando della sua Desio (città in cui la giunta è stata commissariata per infiltrazione mafiosa), sia una collaborazione per il lavoro di mappatura territoriale online www.lamappa.org. Al di là delle immagini che testimoniano abbondantemente la prevaricazione subita da Giacomo per mezzo di un fermo ingiustificato, ci sembra opportuno affermare l’indignazione nei confronti di chi giudica la presenza di componenti del Comitato NoExpo in situazioni di quel tipo come un’azione d’intrusione, come se non fosse quello invece il contesto naturale in cui per noi stare.
Riteniamo che la legittimità di un’affermazione di questo tipo possa essere messa in discussione solo:
– da una stampa distratta e distante dai soggetti reali e attivi sul territorio, tanto da aver bollato o comunque non aver replicato alla “balla spaziale” che voleva Giacomo essere un intruso: domenica ad Arcore Giacomo è pure intervenuto dal palco con un intervento di critica al PGT di Milano. Non solo non era un intruso (come del resto non si può dire di alcun altro partecipante) ma ha pure contribuito alla costruzione dell’evento attraverso l’apporto di contenuti, senza i quali si parlerebbe solamente di bunga bunga e cocaina
– da una classe politica che non essendo più in grado di nascondere le proprie malefatte e la propria azione di scippo (a vantaggio di pochi aristocratici) della ricchezza comune tenta di trovare legittimità delegittimando terzi, cercando di utilizzare le solite armi della repressione oggi meno semplice in forme dirette rispetto a un tempo anche per via di una presenza più diffusa di videocamere.
– da nuovi attori come il signor Mascia, autoelettosi rappresentante del popolo viola, che ha ritenuto di dover prendere distanze meramente ideologiche (e metaforicamente scorrette) dai manifestanti sedicenti violenti andando a difendere in maniera totalmente pregiudiziale le forze dell’ordine il cui operato va al massimo giudicato non a prescindere ma secondo l’effettivo loro comportamento. Non vogliamo qui citare i fatti che negli ultimi anni hanno macchiato di sangue l’atteggiamento delle forze dell’ordine in questo paese, sono fatti a tutti ben noti. Ci sembra però importante far sapere che il popolo viola non merita secondo noi un monarca e che le prese di distanza verbali e via web di molti di loro dalla “dissociazione” rispetto agli eventi di domenica. Ci conforta rispetto a un futuro in cui gli atteggiamenti autoritari e le volontà egemoniche cessino di esistere anche nel campo dell’opposizione sociale, campo in cui è fondamentale il coordinamento delle differenti vertenze territoriali: da parte nostra c’è la massima disponibilità al confronto e alla costruzione condivisa di piattaforme rivendicative e forme di mobilitazione.
Ci sembra necessario affermare che il Comitato NoExpo lavora alla luce del sole a difesa del proprio territorio contro mafiosi, speculatori e precarizzatori di ogni sorta, non intimorito da chi cerca di delegittimarlo attraverso i soliti vecchi giochini violenza/nonviolenza che sempre sono serviti, anche nella storia recente, a svuotare le lotte sociali dei propri contenuti. Continueremo a presidiare il territorio assieme alle altre differenti forme di opposizione sociale sentendoci mai come degli intrusi, aggettivo più confacente a finanza e mattone e agli arrampicatori sociali che sulle lotte sociali cercano di produrre poltrone e non il buon sano e necessario conflitto.
Comitato NoExpo – 9 febbraio 2011
Esprimiamo la nostra solidarietà a Giacomo e Simone, fermati e processati per diretissima per essersi avvicinati troppo alla reggia del sultano d’Italia
La sproporzione fra ciò che è accaduto e la reazione isterica dei media e della politica, con l’intervento addirittura del presidente della repubblica, ci raccontano molto bene lo stato di crisi e l’impotenza con cui la nostra povera italietta provinciale viene non-governata. Pubblichiamo il racconto di un devoto di San Precario:
Arcore e l’eterno ritorno della violenza.
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Correva l’anno 2008 quando Berlusconi consigliò alle ragazze precarie di risolvere la situazione “sposando un uomo ricco”. Fu così che durante la MayDay di quell’anno, a Milano, un gruppo di femministe allestì un carro rappresentando una donna vestita da sposa che, chiusa in una gabbia, si scuoteva con tutta la rabbia, la forza e la disperazione possibili. Già lì si trovavano condensati i termini della questione che oggi diventa lampante nelle Arcore’s night: potere, gerarchia, controllo, sesso, scambio economico ma anche corpo e rivolta.
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