L’interessante e stimolante  Haaretz, organo della intellighentia  israeliana davvero liberal ed assai più onesto di giornali di sinistra  europei come l’Unità, si domanda oggi perchè, nonostante il  peggioramento delle condizioni di vita e la sempre minore tutela di  diritti civili e sociali, la popolazione israeliana non scende in  piazza, non combatte per difendere le sue conquiste, non si contrappone  ad un governo che spende tutte le sue risorse al mantenimento di un  potere militare sempre più pesante, sempre più esigente. Alla domanda si  risponde lo stesso autore dell’articolo, Michele Merav, con queste  parole: “Le organizzazioni sociali per il cambiamento hanno un built-in  limitation,  agiscono dall’esterno, e non possono   apportare   modifiche. Nella loro esistenza essi funzionano come valvole per  sfogarsi e, soprattutto, essi ricevono finanziamenti anche dal governo e  individui ricchi – i cui scopi e le attività sono in contraddizione con  gli obiettivi politici e sociali delle organizzazioni. Quindi,  indirettamente, le organizzazioni sono in realtà parte del sistema che  rafforza i ricchi e potenti.”
 Con  queste parole ha descritto senza volerlo anche la nostra  realtà   nella quale le organizzazioni confederali dei lavoratori fortissime di  oltre dieci milioni di associati che conferiscono ad esse anche una  solidissima stabilità economica non alzano un dito a difendere  le  urgenze dei propri rappresentati. Nei mesi scorsi, moltissimi lavoratori  europei sono scesi in piazza in Francia, in Portogallo, in Grecia, in  Gran Bretagna,  in Spagna con imponenti scioperi generali, a volte  ripetuti, rivolti a frenare il progetto dei loro governi di far pagare  soltanto al lavoro dipendente ed al welfare i costi della “crisi”  indotta dalla truffa finanziaria di wallstreet e dalle strabordanti  spese militari USA di fatto addossate a tutto il pianeta. Si sono  realizzati molti scioperi generali. In Francia uno di questi scioperi è  stato dedicato alla riforma Sarcozy delle pensioni. In Italia,  nonostante ripetute sollecitazioni legate al tanto malessere diffuso tra  i lavoratori, non si è mai fatto un solo sciopero generale. Tremonti si  è vantato in UE di avere fatto una riforma fondamentale delle pensioni  che ne ha innalzato la soglia a settanta anni senza una sola ora di  sciopero dei pensionati e dei lavoratori italiani. Ora, tutto il  Magreeb, molta parte del mondo arabo dal Marocco allo Yemen è in lotta  contro tirannidi che hanno fatto i bagordi a spese di bassissimi salari,  disoccupazione, fame dei loro popoli.  In Egitto, in Tunisia ed altrove  la lotta contro i regimi è stata alimentata in grandissima parte da un  proletariato poverissimo che pretende salari migliori.
 Insomma,  nonostante l’Italia sia circondata da un cerchio di fuoco di  lotte e di rivendicazioni, non si muove ed anzi lascia languire fino  alla estinzione la lotta organizzata da categorie come gli studenti ed i  professori o da sindacati liberi come i cobas.
 Eppure in Italia la situazione economica e sociale è gravissima e volge  a vera e propria crisi per l’aggravarsi del debito pubblico e la netta  diminuzione del potere di acquisto delle masse. Si stanno licenziando  oltre centomila professori e, con il mancato turn over, la pubblica  amministrazione perderà cinquecentomila posti di lavoro (tanti quanti ne  ha tagliato Cameron in Inghilterra). Il contratto di lavoro è stato  aggredito dalla Fiat e dalla Confindustria e tende ad essere escluso in  zone sempre più ampie del Paese, la legge Biagi
 ha tagliato le ali a milioni di ragazze e ragazzi ridotti al supplizio  di un precariato inventato appunto per schiavizzarli, la scuola,  l’università e la sanità sono state ristrutturate per fornire servizi   dequalificati che costringono a ticket ed esborsi sempre più pesanti,  c’è in corso una terziarizzazione ed una finanziarizzazione  senza  sviluppo del sistema economico  con la scomparsa, dopo l’industria  pesante di base, della grande industria manifatturiera ed i tre  bronzei   mandarini del sindacalismo confederale, Bonanni, Angeletti e Camusso,  assistono imperterriti, lasciano fare. Si può dire che non solo non  hanno fatto una reale opposizione alle scelte più dure del governo  (collegato lavoro) e del padronato italiano (Pomigliano e Mirafiori), ma  ne sono stati complici attivi o soltanto passivi.. La richiesta dello  sciopero generale chiesta dalla Fiom fin dal 16 ottobre scorso a Epifani  e richiesta alla signora Camusso dal poderoso sciopero sempre della  fiom del 28 gennaio non è stata accolta dalla CGIL  e dal momento che  anche il tempo è un fattore politico di primario valore indire uno  sciopero generale oggi o tra un mese non avrà più il valore e la  capacità di influire sugli eventi che avrebbe avuto sei mesi fa. In  Sicilia si dice: “minestra quadiata”. Una cosa fuori tempo massimo  invecchiata e resa inutile dal suo anacronismo  che potrebbe essere  riscattata, e non lo sarà, da richieste precise che non saranno avanzate  sul precariato, le pensioni, i salari, i contratti. Dal che è lecito il  sospetto che ci sia una sorta di patto segreto, parasociale, nel patto  sociale stipulato dai tre sindacati e le associazioni padronali. Patto  sostenuto non solo da Sacconi e dal Governo ma anche dal PD che vorrebbe  realizzare la stessa politica liberista del centro-destra succedendo al  governo del postribolare Berlusconi oramai bruciato a livello  internazionale e destinato a cedere il posto a Bersani o chi per lui.
 Insomma, l’Italia non si muove perchè le maggiori organizzazioni  sociali che dovrebbero organizzare la protesta sono legate ad interessi  con il padronato ed il governo che li portano ad esprimere interessi che  sono addirittura confliggenti con quelli dei loro “rappresentati”. Il  legame aureo si chiama sussidiarietà e si concretizza negli enti  bilaterali e nella legislazione paragovernativistica. Le organizzazioni  di base che si mobilitano riescono a realizzare manifestazioni imponenti  ed assai sentite che tuttavia vengono deliberatamente ignorate dai  massmedia, dal Parlamento e dai Partiti che le considerano poco meno che  espressioni di un sovversivismo sociale da controllare e considerare  meri problemi di ordine pubblico.
 La situazione dell’Italia degrada. Stiamo diventando la Tunisia  d’Europa. Un Paese per turisti e come diceva sprezzantemente un vecchio  operaista che ho tanto stimato “un paese di camerieri”. Marchionne si  permette di sfottere il Parlamento raccontandogli la favoletta di una  Fiat che  ha il “cuore” in Italia anche se porta “il cervello” a Detroit  o New York. Oggi sentivo un senatore in TV che gli dava ragione,  sostenendo che la logica multinazionale non può essere evitata e la Fiat  deve fare la sua strada. Il Parlamento ha ascoltato facendo finta di  credervi le barzellette di una utilizzazione al quaranta per cento degli  impianti che potrebbe essere raddoppiata all’ottanta per cento se gli  operai decidono di farsi mettere la cavezza, di non scalciare, di stare  dieci ore a digiuno compiendo in tutte le ore sempre lo stesso numero di  movimenti programmati dal sadico inventore del WCM.
 I politici italiani hanno fatto finta di credere alle mirabolanti e  sarcastiche proposte di Marchionne. Anche le tre Confederazioni.  Naturalmente, non ci sarà alcuna reazione tranne quella inevitabili dei  lavoratori che di volta in volta  sono vittime designate dei progetti  aziendali.
 In Italia cova un terribile malessere, una collera sociale che può  diventare spaventosa. Nanni Moretti dice che questo non è paese da  insurrezioni. Ma la manifestazione delle donne ” se non ora quando” ha  messo in luce una corda quasi lesionata, quasi rotta. La gente reagisce  al precariato, alle privatizzazioni, ai bassissimi salari, alla  prospettiva di non avere mai una pensione…. Cgil, Cisl, Uil, il PD, il  Parlamento, il Governo fanno da tappo
 ed impediscono l’organizzazione di una dura protesta. Ma la molla non  può essere tenuta compressa troppo a lungo e prima o poi scapperà di  mano ai giudiziosi collaborazionisti
 con la pancia piena che il Regime riempie di medaglie ma che non  incantano più nessuno perchè non hanno più il monopolio della  comunicazione.
 Pietro Ancona








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