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										Il workshop Migranti nella precarietà: lavoro, lotte, razzismo ha discusso l’impatto dell’ultimo anno di lotte dei migranti sull’organizzazione complessiva del lavoro migrante e precario in Italia e in Europa.  I passaggi fondamentali del 2010 sono stati le lotte di Rosarno, lo sciopero migrante del primo marzo, la lotta di migranti e italiani sopra e sotto la gru a Brescia e la torre di via Imbonati a Milano, la manifestazione regionale dei migranti dell’Emilia Romagna. Se tutte queste lotte, costruite e partecipate da lavoratori e lavoratrici migranti e italiani insieme, sono stati in modi diversi punti di svolta di grande importanza, lo sciopero del primo marzo ha forse rappresentato una prima esperienza di sciopero precario, e da questo punto di vista va ulteriormente analizzato. In ogni caso in tutte quelle lotte la condizione migrante si è mostrata come intreccio di condizioni di precarizzazione della vita e del lavoro. 
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										Coordina: Coordinamento Migranti Bologna e Provincia, Intelligence  Precaria, Immigrati Autorganizzat. Sabato 15 Gennaio, Sala 2, dalle 10.00 alle 13.00. 
Un momento di confronto tra diverse realtà antirazziste e migranti che  hanno attraversato le città e i luoghi di lavoro contro il razzismo e  contro la legge Bossi-Fini: dallo sciopero del lavoro migrante in molte  fabbriche, aziende e cooperative del nord Italia lo scorso marzo, alle  lotte dei migranti sulla gru di Brescia e sulla torre di Milano,  passando per la prima manifestazione regionale dello scorso novembre a  Bologna. Pensiamo che l’attacco attuale alle condizioni di vita e di  lavoro dei migranti non sia solo l’effetto di un governo locale e  nazionale a trazione leghista. Al contrario, abbiamo chiaro il ruolo che  l’Italia sta giocando nel contesto europeo, e sappiamo anche che le  lotte dei migranti sono lotte transnazionali che attraversano e spostano  i confini del mondo globalizzato. Non solo in Italia, la condizione  migrante è il segno più evidente e violento di una precarizzazione  complessiva delle condizioni di vita e di lavoro. Per questo siamo  convinti che, oltre alla necessaria solidarietà, sia oggi necessario  scoprire il volto comune di ogni lavoratore colpito da una crisi che  investe migranti, operai e precari, attraversa le generazioni, coinvolge  tutte le forme contrattuali, sfrutta il lavoro delle donne e viene  perciò usata politicamente per mettere queste figure del lavoro le une  contro le altre tutte. D’altra parte i comportamenti dei migranti  mettono sempre più in evidenza i ritardi, l’inadeguatezza, la miseria  delle risposte politiche e sindacali. Per questo riteniamo che questi  Stati Generali 2.0 debbano assumere la specificità del lavoro migrante e  della condizione migrante nel suo  complesso all’interno della  costruzione del punto di vista precario. 
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										 È TUTTA COLPA DI ‘NDRANGHETA E CAPORALI? 
 Dino Erba 
La rivolta nera di  Rosarno e il pogrom bianco che ne è seguito hanno suscitato grande sdegno,  tra le anime belle della democrazia. Subito, si è levato un coro contro  ‘ndrangheta e caporali. Ma siamo proprio sicuri che siano loro i veri  responsabili del fattaccio? 
 ‘Ndrangheta e caporali sono sicuramente anime  dannate, pronte a ogni porcheria. Ma non sono gli apostoli del razzismo,  sono solo il lato oscuro (quello vero!) del modo di produzione  capitalistico.Per vedere dove nasce il razzismo, dobbiamo allora seguire il  filo delle relazioni economiche. 
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										  Roma, 27 dicembre 2009.  Circondati da odio e pregiudizi, i Rom continuano a morire nei roghi, come nel  Medioevo. A volte li uccide la povertà, che li costringe a riscaldarsi, in  inverno, con metodi pericolosi: vecchie stufe, candele, fornellini ad alcol. A  volte la mano di un razzista. Ieri sera una persona di etnia Rom ha perso la  vita a Roma, dove viveva in una baracca sull’Ardeatina, già teatro di azioni di  pulizia etnica istituzionale e di azioni di intolleranza da parte di gruppi  neonazisti. I Rom di un accampamento vicino hanno chiamato i carabinieri. Le  assi dell’abitazione di fortuna hanno preso fuoco per cause che le autorità ci  spiegheranno come incidente dovuto a incuria.  Li uccidono la disperazione,  l’indifferenza, il sadismo. I vigili del fuoco sono intervenuti alla 22. Hanno  trovato due brande, nella baracchina. Su una di esse giaceva il corpo della  vittima, quasi completamente carbonizzato. L’incendio segue quello avvenuto l’11  dicembre scorso, sempre a Roma, in via Candoni. Le fiamme hanno raggiunto e  distrutto 40 baracche. Suiccessivamente diversi roghi sono stati spenti dagli  stessi Rom in insediamenti più piccoli, mentre nelle prime ore del mattino del  21 dicembre scorso, nel campo di via della Martora, le fiamme hanno ustionato  alcune persone e distrutto 70 baracche; solo il coraggio di un giovane Rom, che  ha aiutato molti dei suoi fratelli  a uscire indenni dalle baracche in fiamme ha  potuto evitare il peggio. Contemporaneamente le fiamme sono divampate anche in  un insediamento Rom a Montemario. Otto baracche sono andate distrutte insieme  agli oggetti di sopravvivenza dei Rom. “Non so se si tratti di attentati o di  incidenti domestici,” afferma Albert, Rom romeno, “quello che so è che le  autorità vengono a spiarci, anche di notte, e continuano a distruggere le nostre  baracche e le nostre stufe. Le discariche hanno ricevuto l’ordine di non fornire  ai Rom materiale da costruzione e di conseguenza costruire ripari solidi e  sicuri, con sistemi di riscaldamento non pericolosi è ormai impossibile.  Nonostante le giornate che dedichiamo ormai a ricostruire in posti sempre più  nascosti le nostre baracchine, è sempre meno facile reperire i materiali adatti.  Vivere al freddo vuol dire morire, a certe temperature, ma anche scaldarsi con  l’alcol etilico è un grande rischio”. Questa è Roma, dove pare che un nuovo  Erode sia risorto, per dare la caccia con i suoi volenterosi carnefici alle  famiglie Rom. Quando una persona Rom, per un vero miracolo, se si considera  l’antiziganismo in Italia, riesce a trovare un lavoro, risulta poi difficile che  trovi un’abitazione in possesso dei requisiti di abitabilità e che gli consenta  quindi di avere le residenza. Intanto, fioccano le espulsioni, basate su reati  come l’accattonaggio molesto, gli schiamazzi, la resistenza e l’oltraggio a  pubblico ufficiale. Quando ricevono queste denunce, significa che sono rimasti  in silenzio di fronte agli agenti, finché… vola un pugno guantato e il grido  di dolore, “Ahi!”, del Rom colpito compare nel verbale come “oltraggio”. Altre  cause di espulsione prefettizia sono le condizioni di povertà e la mancanza di  mezzi di sussistenza, considerate dalle autorità la prova inoppugnabile per cui  la persona Rom viva di attività delittuose. 
  
Da everyonegroup.com 
 								 	
						
	
					
    
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