Ho “conosciuto” Vik il 27 dicembre del 2008, il giorno dell’inizio dell’operazione “Piombo Fuso”, così Israele aveva battezzato la sua guerra contro i gazawi. Una guerra iniziata di sabato, per gli ebrei un giorno festivo in cui sono vietate molte azioni, ma questo non ha fermato le armi.
Vik decide di rimanere a Gaza, di aggiornare continuamente il suo blog guerrillaradio.iobloggo.com, una delle poche voci libere in grado di raccontare la guerra. Le bombe e le corse dentro le ambulanze senza mai perdere la speranza e la fiducia nel genere umano.
Vik si affidava alla rete, simbolo di una moderna bottiglia lasciata nel mare, per comunicare la vita, la voglia di “rimanere umani” di fronte alla barbarie e alla inumanità che la guerra ad alta e bassa intensità genera, di fronte all’insopportabile apartheid che i palestinesi subiscono ogni giorno sulla loro pelle. Lui aveva deciso di vivere a Gaza vicino alle persone per essere un reporter della verità e per fare questo ripeteva come fosse necessario essere indipendenti dal potere, dai governi e dalle autorità. Per questo diventa un punto di riferimento per chiunque volesse sapere cosa accadeva nel più grande campo di concentramento del mondo.
Ho avuto il piacere di conoscerlo di persona nell’ottobre del 2009 a Bulciago, il suo paese natale, in cui era tornato per presentare il suo libro intitolato “Restiamo umani”, la frase con cui chiudeva tutti i suoi articoli. I proventi del libro servivano per continuare la sua attività di voce scomoda a Gaza, oltre che a supportare progetti di cooperazione all’interno della Striscia. Le sale piene durante le presentazioni in giro per l’Italia aveva dimostrato quanto prezioso fosse il suo “lavoro” e quanta attendibilità avesse la sua testimonianza diretta.
In questa risposta a Roberto Saviano, scopertosi ardente difensore di Israele, sta tutta l’umanità e la forza di Vik, fuori da ogni retorica:
Noi proviamo a restare umani, ciao Vik!
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