Per narrare le vicende che riguardano le centinaia di lavoratori assunti nel call center di Wind a partire dal 2000 non basterebbe la Bibbia. Sono loro, balzati agli onori della cronaca televisiva un anno fa per aver trattenuto i manager dell’azienda all’interno degli uffici di via Breda. Anche loro, come il popolo eletto, hanno subito deportazioni leggasi ‘cessioni di ramo d’azienda’, una cattività babilonese, lo spostamento nei capannoni di Omnia Network, tra innumerevoli promesse mai mantenute, di una falsa terra promessa. Nonostante il pool di avvocati di San Precario abbia portato davanti al giudice il loro caso, pilota per molte realtà più piccole nelle medesime condizioni, il Tribunale ha deciso che il trasferimento di ramo d’azienda Wind fosse legittimo. Anche se, nella pratica, è servito a licenziare l’intera forza lavoro assunta a tempo indeterminato, leggasi con diritti, trasformandola in una massa di precari senza stipendio, liquidazione e TFR. Gli ultimi 60 che nonostante le porte sbattute in faccia dalla Giustizia non hanno mollato le redini del gioco, hanno deciso di ricorrere contro i committenti, cioè le aziende che utilizzavano il loro lavoro grazie a una società intermediaria, Omnia Network, per schivare cause di lavoro e ingiunzioni. Grane e scioperi della cuffietta. Chiedono il pagamento della 13ma e degli stipendi di novembre e dicembre 2009 direttamente a Wind, Mediaset e H3G. Nonostante il parere contrario di tutti i sindacati presenti in azienda che spingevano per un ricorso solo contro Omnia, azienda ormai decotta, fallita, senza più amministratori né soldi in cassa. Il Santo, si sa, ci prova sempre, le sue vie d’azione sono infinite. I suoi ricorsi gratuiti per i credenti. I decreti ingiuntivi sono stati emessi dal Tribunale in virtù di un decreto legislativo, il 276/2003 che prevede la responsabilità solidale di committente e appaltatore nei confronti dei lavoratori. I precari aspettano un segno. Giustizia ci sei? Batti un colpo.
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