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San Precario non guarda in faccia alle categorie. Non vuole sapere con quale contratto è assunto un lavoratore se si tratta di difenderlo di fronte a un’ingiustizia. E’ per questo motivo che si rivolgono a lui i più disparati casi, tra i quali spicca un lavoratore agricolo assunto in un centro botanico alle porte di Milano Ovest, il Viridea direzione Milano-Cusago. Il suo contratto scade nel gennaio 2010 ma nonostante promesse e quaqquaraquà aziendali poco prima del termine viene ‘scaricato’. Peccato che la sua attività non fosse stagionale, e la sua mansione non è tra quelle che hanno dei picchi stagionali. I giudici certe cose le sanno, nonostante aziende, istituzioni e sindacati, facciano di tutto per trovare delle mediazioni al ribasso. La vulgata comune della new economy prima, della globalizzazione poi e della crisi ora, impongono soluzioni di ‘basso profilo’ per non dire strisciante. Il risultato della causa di lavoro invece è stato: risarcimento economico, azienda zittita davanti al giudice, diritti tutelati. Tre birilli in piedi da troppo tempo scavalcati in un colpo solo. Anche la più piccola vittoria è strike per San Precario.
Anche gli operai si rivolgono al Santo. E c’è di più. Se un metalmeccanico licenziato , ex Rappresentante Sindacale Unitario della Mess Meccanica s.r.l., dopo il termine del contratto a tempo determinato decide di rivolgersi al Punto San Precario invece che al suo sindacato, la CGIL; un motivo deve averlo. Infatti le aziende non sono più abituate a ricevere lettere da parte di un legale non legato alle pratiche sindacali. E’ di moda la concertazione, l’arbitrato, la mediazione, tutte cose belle che hanno l’unico difetto di portare meno cash in tasca ai lavoratori. Di disabituare i sindacati al conflitto. Disinnamorare i lavoratori alla lotta per l’ottenimento di quanto previsto dalla Legge. Che ha dato ragione a San Precario costringendo l’azienda a un risarcimento economico. Diritti non elemosine. Azioni non concertazioni. Euro non parole.
Per narrare le vicende che riguardano le centinaia di lavoratori assunti nel call center di Wind a partire dal 2000 non basterebbe la Bibbia. Sono loro, balzati agli onori della cronaca televisiva un anno fa per aver trattenuto i manager dell’azienda all’interno degli uffici di via Breda. Anche loro, come il popolo eletto, hanno subito deportazioni leggasi ‘cessioni di ramo d’azienda’, una cattività babilonese, lo spostamento nei capannoni di Omnia Network, tra innumerevoli promesse mai mantenute, di una falsa terra promessa. Nonostante il pool di avvocati di San Precario abbia portato davanti al giudice il loro caso, pilota per molte realtà più piccole nelle medesime condizioni, il Tribunale ha deciso che il trasferimento di ramo d’azienda Wind fosse legittimo. Anche se, nella pratica, è servito a licenziare l’intera forza lavoro assunta a tempo indeterminato, leggasi con diritti, trasformandola in una massa di precari senza stipendio, liquidazione e TFR. Gli ultimi 60 che nonostante le porte sbattute in faccia dalla Giustizia non hanno mollato le redini del gioco, hanno deciso di ricorrere contro i committenti, cioè le aziende che utilizzavano il loro lavoro grazie a una società intermediaria, Omnia Network, per schivare cause di lavoro e ingiunzioni. Grane e scioperi della cuffietta. Chiedono il pagamento della 13ma e degli stipendi di novembre e dicembre 2009 direttamente a Wind, Mediaset e H3G. Nonostante il parere contrario di tutti i sindacati presenti in azienda che spingevano per un ricorso solo contro Omnia, azienda ormai decotta, fallita, senza più amministratori né soldi in cassa. Il Santo, si sa, ci prova sempre, le sue vie d’azione sono infinite. I suoi ricorsi gratuiti per i credenti. I decreti ingiuntivi sono stati emessi dal Tribunale in virtù di un decreto legislativo, il 276/2003 che prevede la responsabilità solidale di committente e appaltatore nei confronti dei lavoratori. I precari aspettano un segno. Giustizia ci sei? Batti un colpo.
E’ dura lavorare senza percepire stipendio da oltre 4 mesi. Ancora più pesante è vedere alla televisione i manager che dovrebbero pagarti, beatificati per i risultati raggiunti. Se l’azienda in questione poi, è Fiera Milano S.p.a., fiore all’occhiello del modello economico lombardo, lo sconcerto si trasforma in incazzatura. E’ quello che è successo lo scorso aprile alle centinaia di precari che Fiera Milano S.p.a., grazie al paravento di un appalto a Best Union s.r.l., usa per gestire i servizi di biglietteria e sicurezza, portineria e guardaroba di Smau, Macef, Salone del Mobile e altre decine di Fiere che si svolgono nei suoi padiglioni. Dopo varie denunce, tutte vane, ai sindacalisti che dovrebbero tutelare i diritti di tutti i lavoratori impiegati in Fiera, precari compresi, alcuni dei tanti ‘senza stipendio’ che lavorano nella nuova sede espositiva si sono rivolti allo Sportello San Precario del Centro Sociale SOS Fornace di Rho. Ormai a Milano si sa. Dove non arrivano i sindacati tradizionali, ci pensa il Santo Protettore della May Day Parade che ogni 1 maggio raccoglie migliaia di giovani precari, regalandogli per quel giorno libertà, sorrisi e musica, che scorre come un sabbah per le vie di Milano. E così circa 50 lavoratori precari sono saliti sul palcoscenico dell’osannato Salone del Mobile per scoprire la polvere che dirigenti tanto stupefatti quanto solerti nel chiedere l’intervento repressivo delle forze dell’ordine, cercavano di nascondere sotto il tappeto dell’evento. Purtroppo per i media e gli oltre 4mila giornalisti accreditati non c’è stato nemmeno un party promozionale, nessun buffet condito dal solito gadget per la stampa. L’unica notizia, tanto fastidiosa da non essere nemmeno stata lanciata da un’agenzia, era la minaccia di denunce legali, leggasi cause di lavoro, di centinaia di lavoratori che non ricevevano lo stipendio da mesi. Cifre che nel 90% dei casi non raggiungono le 700 euro mensili. A.d. general manager e dirigenti incravattati ma paonazzi, pur di non trovarsi davanti ai riflettori giovani facce arrabbiate, invece che eteree designer, volti sfatti, al posto di pinguini ceronati in giacca, hanno costretto Best Union a pagare immediatamente gli arretrati. Una vittoria per il Punto San Precario ma soprattutto per i lavoratori, le loro famiglie, i diritti calpestati di centinaia di lavoratori precari. Una piccola goccia nel mare della precarietà fieristica che annovera il fior fiore dell’imprenditorialità fieristica meneghina: Fair Service Team, Lanital, Autogrill, Fema, Laser, Sipro, Team 2015. Tutte società in cui la precarietà è diventata la regola, il massimo profitto la mission, la negazione dei diritti una vocazione manageriale. E come succede in molti casi, nemmeno i lavoratori a tempo indeterminato sono rimasti immuni dal cancro della flessibilità terminale. Il 1 ottobre 2010 ben 85 lavoratori (su 350) ex ‘garantiti’ di Fiera Milano S.p.a. sono stati messi in cassa integrazione per un anno. Indovinate chi li sostituirà?
In questi giorni il centro sociale S.O.S. Fornace di Rho è minacciato di sgombero. Non crediamo che ciò sia casuale.
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